MAJAKOVSKIJ E IL CIRCO
TESI DI FERRARESI FILIPPO
Obiettivo della tesi è quello di evidenziare la reciproca contaminazione reciproca fra l'estro poetico e immaginifico di Majakovskij e il turbinoso mondo del circo russo degli anni '20, che tanto
peso avrà nell'immenso tentativo di ristrutturare dalle fondamenta il contro mondo del teatro. I profondi richiami alla tradizione circense sono da collegarsi al fatto che Mayakowskij da giovane
recitò nelle fiere della provincia russa, nelle feste di carnevale, fra compagnie di giro e circhi equestri tra cui il circo Efimov.
Intessuta di motivi rivoluzionari, la poesia di Mayakowskij, spunta con chiassosa decisione all'interno della scapigliatura artistica russa nel periodo che va fra le due rivoluzioni.
Nel 1917 scriverà quel Mistero Buffo glorificazione della rivoluzione,
L'«Ottobre teatrale», promulgato da Mejerchol'd scuoterà come un'onda d'urto ogni sfaccettatura dello spettacolo dal vivo, finanche le rappresentazioni popolari di piazza o le fiere di provincia. E per un periodo relativamente lungo, i guerriglieri della rivoluzione teatrale, videro il loro paradiso. I meccanismi, i ritmi, le farse e le facezie degli artisti circensi diedero nuova linfa ai vecchi ingranaggi teatrali, i clown affiancarono a poco a poco gli attori, la giocoleria e il fuoco spuntavano qua e là su qualche palcoscenico di Mosca e di Pietroburgo.
Verso la fine di quello stesso anno, 1912, sull'almanacco Schiaffo al gusto pubblico, Majakovskij, Chlébnikov, Burliúk e Kručënych, presentarono il manifesto del cubofuturismo. I cubofuturisti partivano dalla tesi che ogni forma d'arte ad essi precedente fosse arrivata al suo crepuscolo e che non avesse più la potenza di dir nulla di nuovo. Particolare attenzione è riservata all'analisi delle tre principali piéce in cui il circo ha trovato la massima applicazione: il Mistero Buffo del 1917, messinscena di Mejerchol'd, che stravolgerà la concezione dello spettacolo popolare, La cimice e Il bagno, commedie ancora una volte dirette da Mejerchol'd, che segnano, sul finire degli anni Venti, il ritorno del genere satirico sui palcoscenici dopo un periodo di oblio. Al 1930 risale il libretto di Mosca arde scritto su richiesta del Goscyrk, la Direzione centrale dei circhi di Stato, che stava ripristinando il vecchio genere della pantomima eroica, rinnovandola con l'introduzione dei temi rivoluzionari.